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BackGround D&D Simo – Parte II

PARTE II

 

Adamas è l’unico pensiero costante tuttora nella mia vita. Passano le lune ed io cambio compagni di viaggio, passano le ore e cambio idea, solo lei e questa armatura non passeranno mai. Vuoi conoscere la storia di questa armatura, pivello?! Al contrario di voi pelle flaccida questa armatura non serve a proteggere me ma a proteggere voi, a limitare la mia furia. E’ la mia maledizione personale per essermi innamorato di quella maledetta paladina. Ridicolo vero? Ora sono un assassino, ho ucciso solo per il gusto di uccidere, gioivo nelle urla di pietà delle mie vittime, ma io non so cosa sia la pietà, anzi, più supplicavano più c’era gusto nel ritardare la loro morte per godermi quelle urla. Nei momenti in cui sono solo, e ti assicuro che sono tanti, però il suo pensiero torna a farmi visita. Posso anche provare a descrivertela ma non sono così abile con le parole, il mio mestiere è la spada, e quindi dipingerei solo un quadro opaco di lei. Ormai, a causa del diverso destino, non la vedo da anni quindi ergo non so come è ora ma sono sicuro che se un giorno dovessi rincontrarla saprei riconoscerla immediatamente e senza la benché minima esitazione. Nei mie pensieri però lei è rimasta immutata, con la sua armatura completa finemente decorata, lo scudo sul braccio sinistro e la spada lunga d’argento intarsiata con l’elsa dorata nella mano destra. Anche solo vedendola un vero combattente scoprirebbe qualcosa sulla sua personalità. Forse un verme come te non ne è capace ma in principio ognuno combatte così come gli hanno insegnato ma poi in un modo o nell’altro trova il suo giusto stile, quello che in cui i movimenti sembrano così familiari da pensare di ricordarli e non impararli. Io per esempio ho due spade ed un’armatura leggera, niente scudo, niente guanto d’arme, poche difese ma un attacco devastante, una furia incontrollabile, arrivo come una tempesta sul mio nemico, non curandomi dei danni subiti, poco valore ha la mia vita durante un combattimento iniziato. Lei invece non mostra punti deboli al nemico, sembra impenetrabile, una solida fortezza. Non è incosciente ed impulsiva da attaccare con due spade senza alcuna protezione, il suo principale obbiettivo è non mostrare punti deboli al nemico, lei ha pazienza, sicura che non avendo punti deboli il nemico comunque non potrà oltrepassarla e quindi con il tempo sarà destinato a perdere. La sua arma per un verme come te potrebbe sembrare un ostentazione di ricchezza essendo d’argenteo ma in realtà è solo altamente specifica, per sconfiggere dei nemici particolari, per uccidere quelli come me. Sotto l’armatura però c’è lei, e lei non si può descrivere, ci vorrebbe un bardo di corte, non so, non sono pratico, ma di sicuro io non basto. Capelli lunghi castani raccolti in un’unica treccia, occhi anch’essi castani ma è il suo sguardo che non si può descrivere. Non abbassa mai lo sguardo, sempre negli occhi del suo interlocutore. All’epoca quello sguardo era capace di farmi sentire perfino colpevole delle mie “malefatte”. Fu a causa sua che questo sangue che mi ribolle dentro mi faceva schifo e cercavo in ogni modo di sopprimerlo. Inizia a studiare sui libri per conoscere se qualcuno fosse mai riuscito a cancellare tale “maledizione/malattia” ma non trovai nulla. Intanto il tempo passava e lei diventa sempre più bella e forte ed io sempre più maledetto. I miei studi dettero finalmente qualche risultato, trovai la legenda di un armatura sacra capace di imprigionare per sempre il mostro che era dentro di me. Però le notizie erano veramente poche, mi serviva conoscere qualcosa in più che sicuramente avrei potuto trovare nella biblioteca dell’accademia. Peccato che un villano come me non potesse entrarci. Dopo vari notti insonni cercando di trovare una soluzione decisi che l’unico modo era di chiederlo a Lei. Il dubbio però si faceva strada in me. Anche se eravamo stati compagni

di classe, anche se eravamo amici, lei rimaneva pur sempre una paladina ed io un lycan quindi suo dovere uccidermi, però essere ucciso da lei era comunque una bella morte e sicuramente migliore della mia non vita di allora. Un giorno dunque trovai il coraggio di confidarle il mio male facendole giurare solennemente di non svelarlo a nessuno.

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